L’insostenibile leggerezza del covid

 
Da un lato, un po’ come tutti, non ne posso più di sentir parlare sempre e dappertutto di covid, dall’altro, da quando sono uscito dall’ospedale, ho la sensazione che più che parlarne troppo se ne parli male. L’attenzione dei media è concentrata soprattutto sugli aspetti che spaventano le persone, come l’andamento dei contagi, le misure restrittive, i divieti, gli effetti collaterali dei vaccini.
Si parla invece poco della malattia in sé, dei malati e delle loro esperienze, mentre è proprio da questo che bisognerebbe partire per cercare di capire cos’è veramente il covid. Se non avessi avuto la dura esperienza che ho avuto e che forse non è ancora terminata del tutto (né si sa quando lo farà), credo che non avrei mai appreso come stanno realmente certe cose.
In realtà dei malati si parla ma si parla per lo più di quelli in terapia intensiva; ne parlano terze persone perché loro purtroppo non possono farlo, mentre dare più spazio alle testimonianze dirette aiuterebbe a far aprire gli occhi a tutti quelli che rifiutano di vedere e darebbe un tassello in più a quelli che gli occhi li hanno aperti ma approcciano alla questione con il fardello dell’ansia fornito dai media.

Per mia fortuna durante il mese di ricovero non sono finito in terapia intensiva, ma è stata comunque molto dura. Questo è uno dei tasselli che manca alla narrazione di questa malattia: tra i due estremi, chi finisce intubato e chi chiude la pratica in dieci giorni, ci sono mille sfumature, per lo più molto pesanti per chi le patisce.
Anche le istituzioni sono focalizzate fondamentalmente sui pazienti gravi, il che è certamente giusto perché salvare la vita di chi si è infettato è una priorità assoluta. Il problema è che i malati non in pericolo di vita sono assistiti poco e male o non sono assistiti affatto, malgrado abbiano per la quasi totalità una sintomatologia ampia e variegata e spesso molto condizionante (o addirittura invalidante) anche dopo la negativizzazione.

Il covid è una malattia nuova per tutti, va osservato, capito, indagato. Liquidarlo come una specie di influenza è sbagliato e controproducente. È qualcosa di completamente diverso, e i medici lo sanno perfettamente. Ma il tasso di mortalità non è il solo indicatore da tenere sotto controllo per comprendere il fenomeno.
Alla narrazione della mia esperienza diretta ho affiancato alcune riflessioni sulle tematiche umane e sociali collegate al covid, alla malattia in generale e alla pandemia e ai suoi effetti sulla vita di tutti, anche di chi non è stato contagiato.
Spero con il mio racconto di dare un piccolo contributo in direzione della chiarezza.